Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
Il Beato Angelico
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 91, p. 3
Data: 17 aprile 1955


pag. 3




   Hanno voluto commemorare il quinto centenario della morte di Guidolino di Pietro, pittore mugellano, che i più conoscono col nome di Beato Angelico. Ma purtroppo non si sono accorti che per dire di lui qualcosa che valesse la pena di esser detta ci sarebbe voluto un mezzo santo o, alla peggio, un mezzo poeta. Hanno parlato invece ministri e professori i quali, a dispetto della loro buona volontà, non saranno mai capaci di comprendere che la figura e l'opera del Beato Angelico appartengono alla storia della pietas del primo Rinascimento assai più che alla storia della pittura.
   Gli affrescatori che prima dell'Angelico avevano ricoperto i muri di chiese e di conventi non avevano fatto altro che tradurre in linee e colori molte pagine del Vecchio e del Nuovo Testamento per renderle leggibili anche agli analfabeti. Erano, cioè, narratori e chiosatori più o meno chiari e piacevoli. Il Beato Angelico, invece, non si proponeva di raccontare, bensì di commuovere, non di commentare, bensì di convertire. Egli non ha mai pensato di creare opere d'arte per il piacere degli occhi altrui e per la gloria propria, ma si è servito del linguaggio pittorico come i suoi confratelli Giovanni Dominici o Antonino da Firenze o Girolamo Savonarola si servirono del linguaggio parlato nelle loro predicazioni. Il suo vero scopo era la cura e la trasformazione delle anime. Invece di parlare dal pulpito con la voce del cuore e con la parola della verità, il Beato Angelico pitturava con la speranza di far piangere, di far pregare, di far soffrire, di far godere, di capovolgere e di rinnovare gli affetti dell'uomo inferiore. Ogni sua opera ha dunque il valore di un appello eloquente, di una suggestione imperativa, ha, insomma, una carica emotiva. L'Angelico non è un esteta, ma un apostolo, non è un pittore puro, ma un confessore della fede; non fa decorazioni, ma ardenti sermoni. Non vuole istruire o dilettare i cristiani, ma vuole riscaldarli, bruciarli, intenerirli, piegarli, farli inginocchiare e lagrimare. Nel suo amoroso cuore di vero domenicano dominavano due sentimenti: il dolore dinanzi allo strazio atroce del Dio crocifisso e la gioia pregustata della beatitudine eterna. Perciò egli non adopera, nelle sue opere, che due colori forti in mezzo alle tinte semplici e di umile tono: il vermiglio vivissimo del sangue che scorre giù dal costato di Cristo e l'aureo fulgore come sfondo naturale dei dolcissimi volti degli angeli e dei santi che affollano il Paradiso.
   E' necessario, par che dica il Beato Angelico, piangere dinnanzi a quel rosso che sgorga dalle carni del Redentore per esser sicuri di godere un giorno la sconfinata luce dell'oro celestiale.
   I moderni critici, anche cattolici, ma di debolissima fede forniti, giudicano e chiamano leggenda quel che racconta il Vasari intorno alle abitudini del santo frate, cioè che egli pregava a lungo prima di mettersi a dipingere e che piangeva a calde lagrime ogni volta che doveva rappresentare col suo pennello l'immagine di Cristo sulla Croce.
   Io son sicuro, al contrario di quegli aridi ed eruditi signori, che il Vasari ha detto la verità e forse, anzi, non l'ha saputa tutta. Il Beato Angelico era un cristiano che credeva sul serio a tutto quello che il cristianesimo insegna e perciò pativa col Figlio di Dio e gioiva coi beati del cielo. Egli pregava e piangeva perchè, come tutti i cristiani appassionati, desiderava ardentemente e fortemente che tutti i cristiani diventassero sempre più cristiani, più perfetti, più presenti e commossi, più vicini a Cristo nel suo martirio e nella sua gloria.
   Il Beato non beatificato appartenne davvero, nel senso letterale e in quello spirituale, all'ordine dei Predicatori: le sue prediche senza parole sono capolavori di grazia casta e di gentilezza ariosa, miracoli di tenerezza verginale e di estasi lucida, testi esemplari di quell'arte che Dante felicemente definì « il visibile parlare ».


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